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Open innovation

Open innovation: 3 case studies per capirne le potenzialità

06/12/2022 - 11:53

Nelle aziende del passato, la progettazione di soluzioni innovative ed il lancio di nuovi prodotti dipendeva principalmente dai dipartimenti di ricerca e sviluppo. Pertanto, per mantenere la capacità di portare ogni anno novità sul mercato si faceva affidamento solo sulle risorse disponibili. Si parlava di innovazione “chiusa” o “ravvicinata” e si tendeva a difendere il percorso di realizzazione dei nuovi prototipi, controllandone l’intero ciclo di produzione: dalla fase di creazione delle idee, fino alla somministrazione all'utente finale.

Al giorno d'oggi, a causa della interconnessione globale, della velocità dei trasporti e quindi della forte concorrenza, le imprese sono costrette ad investire sempre più in innovazione e ad accelerare i processi di rinnovamento dei loro prodotti e servizi. Risulta quindi difficilissimo se non impossibile rivolgersi solo internamente.

Ciò fondamentalmente per due motivi:

  • la mancanza di tempo per reagire rapidamente alle esigenze dei clienti e alle invenzioni dei competitor,
  • l’esiguità di risorse sufficienti a coprire le continue necessità in termini di competenze e tecnologie.

E’ per queste ragioni che l’open innovation è diventata sempre più popolare, si è affermata come soluzione efficace per stare al passo con le sfide del mercato e continua a riscontrare grande interesse.

 

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Di seguito si riportano alcuni case studies di successo:

NASA: Pioniera dell'esplorazione spaziale, nel 2009 ha lanciato un programma di open innovation che ha portato ad importanti progressi scientifici in poco tempo. In quella occasione, furono infatti pubblicate 14 problematiche, i cui riscontri videro il coinvolgimento di un centinaio di dipendenti interni e oltre 3.000 persone esterne all’agenzia. Le soluzioni fornite dal pubblico superarono di gran lunga le aspettative della NASA. Basti pensare che un ingegnere semi-pensionato presentò un modo completamente nuovo di prevedere le eruzioni solari, presentando un algoritmo che era il 25% più accurato di quello degli scienziati della NASA, quest’ultimo, tra l’altro, calcolato attraverso un approccio standard di ricerca e con uno sviluppo più lento e più costoso. 

Da allora, la NASA ha utilizzato la OI per risolvere centinaia di sfide e ha adottato questa metodologia come parte essenziale della sua strategia di studio e rinnovamento. La NASA Space Apps Challenge, è attualmente l’hackathon dedicato allo Spazio e al pianeta Terra più grande al mondo.

STARBUCKS: Da quando ha aperto il suo primo negozio nel 1996, il colosso del caffè con sede a Seattle ha aperto quasi 30.000 negozi in tutto il mondo e ha accumulato un valore di 30 miliardi di dollari. Un forte impegno per la open innovation ha contribuito a guidare questa incredibile crescita. A questo proposto, "My Starbucks Idea" è stato un esperimento di partecipazione dei clienti che si è concluso solo recentemente, dopo circa dieci anni. L’idea era semplice: una piattaforma in cui clienti e fan potevano condividere idee e consigli su come rendere ancora migliori i prodotti dell'azienda. Tutto ciò che gli utenti dovevano fare per esprimere il proprio parere era creare un profilo, scrivere il loro suggerimento e inviarlo sul portale affinché gli altri potessero commentarlo o votarlo. Se l'idea raccoglieva abbastanza slancio, allora poteva essere adottata dal brand. A stimolare le interazioni, c’era anche una classifica pubblica che mostrava i fan più devoti, così come quelli con le idee più popolari. 

Questa miscela di open innovation, co-creazione e community sin da subito si è rivelata immensamente popolare, apportando non solo innovazioni nei prodotti e nel sistema organizzativo della compagnia, ma anche pubblicità e fidelizzazione dei clienti. In un decennio, l'azienda ha ricevuto centinaia di migliaia di idee, realizzandone tantissime che hanno reso la catena di caffè celebre in tutto il mondo.

ENEL: Il modello della multinazionale leader nella produzione, vendita e distribuzione dell’energia si basa sulla collaborazione con startup, medie e grandi imprese. Per fare ciò, il Gruppo si è dotato di diversi “Innovation hub” in giro per il mondo in cui le realtà che il Gruppo ritiene di valore per il proprio business vengono supportate nel processo di crescita fino a diventare fornitori. Il percorso di selezione parte da sperimentazioni e test - proof of concept - che vengono sviluppati direttamente nei laboratori di Enel, dove le organizzazioni possono mettersi alla prova con macchinari sofisticati e affidarsi sul supporto di personale altamente qualificato. Proprio il confronto continuo aiuta a migliorare le idee progettuali, consentendo lo scale up a livello industriale ed eventualmente anche internazionale.

Il segreto di questa iniziativa che negli tre anni ha visto Enel valutare migliaia di progetti sta nel fare il più possibile cose che abilitino l’ottenimento di risultati coerenti con il piano strategico. Le attività innovative, infatti, devono avere come obiettivo primario quello di risolvere problemi di business preventivamente identificati. Ciò detto, oltre ai “need” di innovazione, molte sono anche le attività di esplorazione e ricerca che escono dai perimetri strettamente legati al core business aziendale e che si propongono di ampliare le prospettive e trovare nuovi modelli di investimento.

 

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